Sette piccoli sogni di Enrico Scandurra - Algra Editore. Recensione a cura di Rosalda Schillaci

 



Occorre prendere fiato, ne Le notti senza respiro per leggere le poesie del 2019 e i racconti intitolati Sette piccoli sogni, l’ultima opera dello scrittore Enrico Scandurra, pubblicati da Algra Editore nel 2020.

    Ascoltava versi, di trota, di sarago, di triglia, di pescespada e di balena, che fluivano accanto a lui, mentre nelle vicinanze si udiva la poesia che Aria Parlante recitava. Poetava Aria Parlante senza parlare. Quei versi li sentì “suoi” soltanto Tomas, che nuotava indisturbato dentro il suo esistere. Dentro la vacuità del “non senso” che di esistenza non aveva poi così tanto. Si ricordò d’un tratto della spiaggia, del legno bucato, del sogno che aveva fatto, dell’uomo-cane e della donna-gatto, della ricerca della stessa Aria Parlante. Gli tornarono alla mente anche le risa di Nero, il sicuro di sé e di orso, il medico, che aveva perso non si sa come il legno bucato. Si ricordò di questo e di tanto altro e, mentre muoveva le braccia e i piedi e le gambe imitando i suoi amici pesci, continuò a vivere nell’attesa del giorno in cui avrebbe rivisto Aria Parlante che, lenta, sprofondava dentro l’enigma misterioso della “vita assente. Aria parlante, pag.24.

A ritmo sostenuto, nell’esplorazione di sessantasette pagine, ci si dischiude alle storie affascinanti di: Ahmed, l’ambulanteAria Parlante – Carlo, Il portiere cieco – Ignazio e le sue palme – Joe, il pugile di Letojanni – La triste fine di Pablo Pino – Sam, il pescatore colto. Narrazioni ben congegnate, attraversano un primissimo piano, entro le quali si diventa perenni viaggiatori di un lungo procedere nella fantasia. 

Così lo presenta Giuseppe Attardi nella sua prefazione: «I Racconti di Scandurra hanno dietro di sé la vocazione surreale delle Cosmicomiche di Italo Calvino e lo slancio visionario del Deserto dei tartari di Dino Buzzati. Uniti dalla fede nel fantastico. Mettono insieme Samuel Beckett e Borges, Lewis Carroll e il cinema di Tim Burton, Stefano Benni e Fantozzi, la pittura di Roberto Matta e le incisioni di Grandville. Borges e Beckett sembrano incarnare la volontà di descrivere la mappa della realtà-labirinto nel modo più particolareggiato possibile e la consapevolezza che l’assenza di vie d’uscita è la vera condizione dell’uomo».

 L’autore fa bene la sua parte, demolisce ogni fretta nella serie mai banale di parole che con metri cubi di passione costruisce il ponte ideale tra la realtà e la fantasia. Soccorre, nell’altezza di aria rarefatta, il tempo e la promessa Scandurriana di valicare l’esilio metaforico. Traspare da subito la costruzione su zone abitate da inquietudini, l’invito a placare stanchezze sedendosi sotto alberi di ciliegi in fiore, e lì, abbagliati dalla poetica del rosa, inebriati da profumi, i passi incominciano a salire lenti sui pioli di una scala immaginaria che chiede di abbattere vecchie convinzioni per proiettarsi oltre la fatica, la paura del nuovo, non tremare e recedere davanti alla difficoltà. Quando c’è una meta occorre vincere contro se stessi ed ogni arduo ostacolo, per riuscire a raggiungerla. Stanchi, stremati, a volte si raggiunge il traguardo ed altre no. Ed ecco presentarsi il timore attanagliante di fallire.

Tuttavia la sconfitta è più importante della vittoria, il viaggio più importante del traguardo. Esce fuori ciò che realmente siamo e non ciò che abbiamo creduto di essere. Quante convinzioni errate ci distraggono? Quanti abbagli, illusioni, sono freni che ci impantano in un limbo sospeso? Sono i sogni le salvezze agognate, per sfuggire a pastoie, osare con piccoli voli pindarici che chiedono di librarsi senza temere l’angoscia di cadere nel vuoto dopo essersi spinti in altezze ambiziose.

Osare e ancora osare, senza desistere. Lasciarsi cullare dal piccolo soffio che s'alza da ogni pagina voltata. Una e ancora una, per scoprirsi diversi, incompiuti, destabilizzati e spiazzati, appunto come dopo una giornata ventosa. Ed ecco, nel ritmo sostenuto occorre tirare il fiato.

L’esperienza letteraria induce ad abitare mondi illusori come riscatto. Come se escludendosi dalla realtà possa svelarsi una prospettiva – che sospendendo i significati correnti – induca a cogliere un senso ricco di risorse. La scrittura di Scandurra, con le parole di Bachtin «mette le cose in stato di allegoria» affinché si giunga al senso sfuggente, nascosto, ineluttabile l'esiliarsi dalla realtà. La condizione favorisce uno sguardo capace di cogliere un’identità lontana da schemi contrappuntistici: Oriente e Occidente, giorno e notte, realtà e fantasia. Ci si sospende dallo stato di veglia esterno per guardarsi dentro ascoltando la voce dei sogni. Da esuli si ode il canto di ogni ferita pervasa dal senso di estraneità: disagio e sradicamento, male non solo dello scrittore moderno ma di ogni diversità che porta all’emarginazione. Nella vita incerta, nulla è facile, eppure con il sudore e tanti dubbi si procede e ci si ferma sui bordi di strade impervie, di frasi che come sassi aguzzi spingono a sciogliere i nodi della realtà rifugiandosi in proiezioni oniriche.

Conquista di una condizione metaforica od ontologica, uno spazio ed esplorazioni di altri mondi, di altri modi, non più solo un sogno – un nido protettivo - per romanzieri e poeti, ma una conquista plausibile del nostro tempo dalle radici malate e perdute nella cultura umanistica sgretolata dopo la scomparsa di Pasolini, Sciascia, Calvino, collante ideologico di una comunità.

Il tema dell’esplorazione, della ricerca del senso della vita, assume in Calvino con Palomar una profondità arguta: Da un po’di tempo s’è accorto che tra lui e il mondo le cose non vanno più come prima; se prima gli pareva che s’aspettassero qualcosa l’uno dall’altro, adesso non ricorda più cosa ci fosse da aspettarsi, in male o in bene, né perché questa attesa lo tenesse in una perpetua agitazione ansiosa.

Una condizione materiale di vita non più immemore, bensì l’apertura di una fase nuova. Un respiro che in Scandurra – espressione di una nuova generazione intellettuale -, parla e chiede di essere ascoltato. Osserva il cielo nelle notti stellate, legge libri, si libra nello spazio e nel tempo, scrive sette piccoli sogni. In un paesaggio umano in cui la conoscenza del prossimo passa attraverso la conoscenza di se stessi. Fini e pulsioni, accordo e comprensione, inclinazioni e azioni. Nella geografia interiore un ruotare attorno all’afflato, empito alla bellezza. Circonferenza infinita nell'ispirazione attorno al fiato.

 


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