«È sorprendente scoprire quanti angoli può contenere un cuore.» A cura di Rosalda Schillaci

 


«È sorprendente scoprire quanti angoli può contenere un cuore.» A cura di Rosalda Schillaci



La silloge del catanese Sebastiano A. Patanè Ferro, Gli angoli – Aprono i loro acuti per ingoiarci, pubblicata nella collana POESIA “Orme di poesia” Edizioni Smasher –Prima edizione giugno 2013 e Prima ristampa febbraio 2021, consta in due parti: dell’assenza Catania 2010 e gli angoli [aprono i loro acuti per ingoiarci] Catania 2010, che dà il nome alla raccolta delle 41 poesie.

È già poesia l’immagine di copertina di Maria Korporal, immagine dal video “The Teletalpies nel giardino delle tenebre” 5° tappa: … i ragni… (2011)

Ecco la strada tracciata magnificamente nella prefazione di Anila Resuli: «[…] L’io poetico di questa raccolta non solo si domanda se il passato contiene un’impronta positiva, seppur malinconica, da trattenere dentro, senza poterla dimenticare, ma cerca in questo passato delle corde e degli appigli per potersi proiettare nel futuro, il conscio dell’io poetico e l’inconscio dello steso, che tratteggia nei personaggi poetici sia attimi del mondo visibile, sia quelli legati al sogno, alla fiaba. […] Più cruda, la seconda parte del libro, trascina il poeta in un duo amoroso, un arricciarsi stretto di parole verso un’amata che manca, o che è assente. Si nota ad ogni poesia la disillusione, la ricerca della verità di ogni momento, la cancellazione della perdita, il trascinamento di un ricordo ancora vivo. […]».

Una costante, il filo conduttore ora nostalgico ora pessimista ora pieno di speranza. È un lottatore a mani nude Sebastiano A. Patanè Ferro. Ingaggia spesso un dialogo fitto tra la sua anima e quella di un mondo distratto, indifferente, ingrato. Studia e canta l’inverso dell’apparenza. Rifugge vecchie ragnatele e s’apre all’inesplorato. Irretito dalla novità che spinge verso l’ignoto, lo porta ad esplorare un’intima inquietudine che strazia e a cui l’uomo tenta di non soccombere.

E sono il cuore (uno) e gli occhi (due), i punti più fragili, nell’anelare al due e ritrovarsi uno tra mille dita.

 «[vorrei leggere il cuore di quelle mille dita]

«che allattano parole/ che moltiplicano i fiori nelle ciminiere/le mille dita che arrendono statiche veneri/ - di cui due spingono una tenda -/ e plasmano tra profilo e caffettiera/ tutto cobalto della stanza// e scrivono… / alberi o sottovesti e scrivono di azzurri.»

 È una dichiarazione autentica alla poetica e scaturisce nella parola vissuta, rincorsa, nell’accavallarsi di eventi che lo hanno portato in giro per il mondo, per le piazze e le strade della sua e la mia Catania. Dove, anch’io, ho respirato accanto a lui l’aria inquieta della Poesia. Mi ha tenuto per mano quando tremando ho letto i versi, da cui ho fatto mio il suo dolore.

«[non ho ali che possano dolermi]

«[…] mi dolgono l’ali e le nervature d’aria/lungo i già descritti solchi e correre di fluidi/ percorro – gel irrisolvibile – a sud del cuore/ ormai cariatide a reggere il niente che rimane. […] cos’è allora questo luccichio nel buio e quegl’incisi e gli aghi…»

 Oggi scrive con generosità e grande fragile apertura, mentre l’anima inamarita brilla di una luce che evoca bellezza. È una piccola pillola questa recensione, poiché un saggio intero dovrebbe racchiudere l’Io poetico e l’assenza, il rimpianto e la solitudine subita e infine scelta, di uno dei poeti contemporanei che trascina e scuote. Vi perderete molto a non immergervi nelle sue orme, a ritagliarvi un vostro angolo, a sfogliare istanti di carne e sangue, rimandati come eco. Esistenza vera, senza filtri e distanza, spaziando tra cadute e rinascite, si propagherà dentro di voi. Pagine di un breviario di arte e di vita in cui vi ritroverete eccitati e smarriti. Pervasi da profondo affetto – così inesorabilmente simili -, accorgendovi che il risultato svelato ai vostri occhi, di cui siete destinatari, in un dialogo intimo, è stato raggiunto attraverso la sofferenza, senza mai arrendersi. Come in una lettera, ritornando a casa dopo i tanti giri sull’orlo di un abisso che risucchia in una vertigine. Per sfuggire agli angoli che sono lì, con i loro acuti pronti ad ingoiare.

«ci sono terre che vogliono essere camminate/ luci cantine soppalchi sui mosti varianti del buio /tonalità di voci e silenzi e sugo d’amore / e non è vero che aspetto.»

«Ecco, comincia a prevalere la consapevolezza che le cose possono cambiare e prendano la direzione desiderata, dando forma alla speranza. […] Da cosa furono determinate quelle condizioni, non è facile ritrovarle nella memoria antica; certamente delusioni e quant’altro di simile, mi hanno condotto a un isolamento riflessivo che ormai, spero, volga al termine nonostante i timori. In questo libro ho scritto tutta la mia anima, quella felice, quella devastata, quella ricostruita, quella che continua credere, quella che, al di là di tutto, ancora ama.»

Alla luce di queste parole, procederete lungo la via di versi dal toccante miscuglio di passaggi coinvolgenti. Un’ardua e propria iniziazione alla vita del poeta. Le sue cicatrici, resteranno con voi, ma come accade alle api pazienti vi auguro d’impregnarvi della speranza più dolce, momento cruciale di autentica Poesia.

 

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