«Puru l'anima mia si fa di celu». Un sospiro dedicato a Salvatore Camilleri. A cura di Rosalda Schillaci

 




Così scrivevo, nell’articolo riportato in basso, appena un anno fa. Non siamo riusciti nell’intento di festeggiare il centenario di Salvatore Camilleri, oggi 12 maggio 2021, mancando l’appuntamento per poco.

Mi ripropongo di attenuare il dispiacere cercando nella poesia l’unica via possibile, densa di notazioni a conforto. Quella poesia siciliana dei poeti siciliani come Meli, Di Giovanni, Martoglio, Domenico Tempio, Antonio Veneziano e la poesia francese, inglese, latino americana, araba, su cui ha dissertato con cognizione finissima. Infatti, con lavoro certosino, ha tradotto in siciliano i versi di Baudelaire, Jiménez, Apollinaire, Prévert. Ha tradotto i lirici greci – Archiloco, Stesicoro e tanti altri e l’Odissea di Omero, L’Eneide, Le Argonautiche, e tanto altro -.

Attraverso essi, e studi febbrili, ha forgiato il suo mezzo espressivo in un processo di sviluppo linguistico. La conquista passata attraverso metafore, diventa per lui un rinnovamento interiore e non solo di forme o impressioni superficiali. Non imita, ma immette nella poesia siciliana la filosofia, la sociologia e tutte le altre scienze da cui attinge chi scrive per dare «una nuova verginità alla parola» «creare una nuova zoologia poetica, una nuova botanica poetica, come avevano fatto il Pascoli e il Quasimodo.»

Il poeta Camilleri ne ricava uno strumento vibratile e nitido, un’urgenza nel canto che emoziona, fusa nell’impasto lirico in modo sanguigno.

In un’intervista del 2016 quando gli si chiede di scegliere una sua poesia tra tutte le sue raccolte cita Amo ergo sum - Editore Boemi, 2015 - in tiratura limitata a 50 copie. La raccolta poetica d’una bellezza e profondità unica. A Pag 15, ecco i versi da cui sgorga la sua voce:

Avi tutta na vita ca t’aspettu

Ma tu, ma tu non arrivavi mai;

fina ca ci appi focu nta lu pettu

caminannu e spirannu ti circai;

ma passava lu tempu senza effettu,

l’anni m’addivintaru troppu assai,

ed ora sulu, comu pi dispettu,

vecchiu e senza spiranza ti incuntrai.


                                                                                                                                                                   

 ‘N-cerca di puisia, ‘n-cerca d’amuri pi canciari lu munnu a sumigghianza di lu me cori”.

Salvatore Camilleri a cura di Rosalda Schillaci

 

 La letteratura siciliana - vasta, di pregio e di una bellezza che toglie il fiato - ha un padre illustre in Salvatore Camilleri: poeta, scrittore, saggista e traduttore.

Un uomo schietto e generoso. Un intellettuale libero e determinato, già quando rifiuta di essere chiamato professore – lui che ne ha titolo in quanto docente – così come tiene a ribadire nelle sue interviste: “Semmai, al contrario mi è stato di grande nocumento in quanto ha suscitato gelosie e procurato inimicizie”.

Camilleri è il maggior esponente del Trinacrismo, un gruppo di giovani poeti siciliani che hanno operato a Catania subito dopo la seconda guerra mondiale. Il “Trinacrismo” è stato parte integrante, imprescindibile, della storia letteraria illustre di una Sicilia rinnovatrice e in fermento. Un vero movimento culturale fondato nel 1944 da Salvatore Camilleri insieme a Mario Biondi, Enzo D'Agata e Mario Gori. Il gruppo di menti brillanti che ha dato alla luce un foglio: La Strigghia.

Questo articolo è un doveroso umile tributo. In tempi di Covid uno dei pochi aspetti di cui essere grati alla reclusione in casa, a causa della pandemia, è stata la riscoperta e l’uso del mezzo informatico e soprattutto di Skype. Per la prima volta, il 5 maggio 2020, Salvatore Camilleri, dopo tantissimo tempo, è riapparso in pubblico collegato dalla sua abitazione, durante un incontro domenicale organizzato da Santo Privitera, presidente dell’associazione culturale Paternò-Tedeschi.

È stato accolto dai partecipanti con una emozione palpabile. Gli occhi vividi hanno scrutato curiosi attraverso lo schermo. Tra i grandi estimatori presenti: Marco Scalabrino, Renato Pennisi, Antonino Magrì, io e tanti altri. Nello sguardo, secondo me, dolce e autorevole ho ravvisato un battito poetico senza tempo, così com’è in questi versi: “‘N-cerca di puisia, ‘n-cerca d’amuri pi canciari lu munnu a sumigghianza di lu me cori”.

 Circa 70 anni di attività nel campo culturale lo hanno declinato come un vero innovatore appassionato, studioso e ricercatore instancabile dell’unità linguistica siciliana.

Tradito dalla lingua italiana – come racconta lui stesso – comincia a fare paragoni grazie a poeti siciliani del calibro di: Meli, Di Giovanni, Martoglio, Vincenzo De Simone e si prefigge: “di portare il dialetto siciliano, almeno sotto l’aspetto formale, allo stesso livello della lingua italiana. La poesia siciliana doveva avere un proprio modo, un proprio linguaggio specifico. Vede, il primo problema per chi scrive versi, è quello del linguaggio: un linguaggio proprio, perlomeno diverso da quello di un altro. Il poeta è colui che crea qualcosa”.

Il Camilleri ha creato tanto, ha lavorato molti anni per ripulire il siciliano, per riportarlo alla dignità di una vera e propria lingua.  Docente, scrittore e poeta, è stato collaboratore del Corriere di Sicilia, attraverso cui ha rivalutato i poeti siciliani del Cinquecento e del Seicento, e di altre riviste di poesia siciliana tra cui Arte e Folklore di Sicilia di Alfredo Danese. Nel 1952 si è trasferito a Vicenza e nello stesso anno ha pubblicato l'Antologia del sonetto siciliano. Dieci anni dopo ritorna a Catania e come non ricordare allora, nel 1965 la pubblicazione con Mario Gori della Rivista Sciara, cui collaborano tra gli altri: Leonardo Sciascia, Giuseppe Zagarrio, Giorgio Piccitto, Nino Pino e Santo Calì.

Seguiranno anche un libro di ortografia siciliana (1976) e un'altra antologia, questa volta di poeti contemporanei.

Del 1979 è il saggio La rinascita della poesia siciliana; nel 1989 pubblica il Manifesto della nuova poesia siciliana.

Nel 1998 Salvatore Camilleri, per le Edizioni Greco, pubblica Il Ventaglio – Vocabolario Italiano-Siciliano.

 

"Nel 1944, quando iniziai a scrivere in siciliano, - confesso che non avevo mai scritto, prima d’allora, in dialetto; anche perché, in epoca fascista, il dialetto era proibito in quanto, in virtù della volontà di tenere unito il popolo dello Stivale, la lingua parlata doveva essere una: l’Italiano. Si diceva che il dialetto siciliano fosse di bassa cultura, solo per il popolo: io non la pensavo così. La storia ci insegna che il nostro dialetto è nato un secolo prima della lingua italiana -, dicevo che sentii subito la mancanza di un vocabolario. Quelli che trovai erano vecchi di quasi un secolo, e praticamente inutili, in quanto si trattava di vocabolari siciliano-italiano. […] Lo abbiamo chiamato “Il ventaglio” in quanto offre, per ogni parola italiana, una vasta scelta di parole siciliane, un vero ventaglio che allarga la conoscenza dei lettori. […] Un ventaglio di parole siciliane che con il lemma italiano sono legate, innanzi tutto, per sinonimìa, ma anche per affinità analogiche, simboliche, metaforiche, fraseologiche, per traslati, ed anche per lampi poetici, per intuizioni liriche, per vicinanze di significati”

 

Traduttore dai classici greci, ha scritto inoltre: antologie, sillogi, manuali, tre volumi di Grammatica Siciliana e La storia della poesia siciliana” in 30 volumi.

L’elenco delle sue opere preziose è vasto, ma come non citare: “Sangu pazzu”, “La Barunissa di Carini”, “Gnura Puisia” e tanto altro. È un contributo immenso al patrimonio culturale siciliano e da cui attingere per imparare e imparare.

Salvatore Camilleri, nato nel 1921 ha compiuto il 12 maggio del 2020, novantanove anni. A lui giungano gli auguri e la gratitudine per quanto ci ha donato e che lo rende caro al nostro cuore.

 

 

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