Walter Benjamin - Linguaggio- Traduzione - Tradizione di Lisa Bachis. A cura di Rosalda Schillaci
È la definitiva consacrazione
della figura poliedrica di Agesilaus
Santader, il nome segreto di Walter Benjamin che ci svela Lisa Bachis, la
scrittrice, poetessa, saggista (intellettuale poliedrica anche lei) che così lo
definisce “insieme a Kraus e Kafka Angelus
novus in questo tempo di povertà”, nel libro: “Walter Benjamin- Linguaggio-
Traduzione- Tradizione, edizioni Firenze Atheneum pubblicato nel 2000.
Un testo che ho ricevuto il 28
luglio del 2018. Un dono prezioso che l’autrice mi ha consegnato a Novara di
Sicilia durante una presentazione libri che ci ha viste protagoniste. Pagine
che ho centellinato, come un vino prezioso, che ho letto e riletto per perdermi
e ritrovarmi. Ne ho gustato lo stile - la Bachis ha la capacità di rendere semplice
anche ciò che non lo è -, e il contenuto così ben descritto nella quarta di
copertina: “La poliedrica figura di Walter Benjamin, homme de lettre, affascina per l’incredibile capacità di spaziare
in tutti i campi delle lettere e del pensiero; in particolare Benjamin non si
stancò mai di investigare la fitta trama di linguaggio che costituisce
l’essenza stessa dell’uomo.” […]
In questa opera la Bachis
ci conduce per mano lungo un sentiero dal paesaggio unico, affascinante, che ogni
uomo percorre quando pensa. Ci descrive, come un moderno Virgilio, un ritratto
ricco e variegato di una figura eclettica e sfaccettata. Ne esamina con cura la
forza, ne fa una grande struttura epigrammatica, una serie di sequenze in cui è
protagonista la parola adamitica. Ci rivela una nobile fonte, al cospetto della
quale vengono toccati svariati frangenti dell’essere umano. Una varietà
tematica di cui si nutre e ci nutre con perfezione stilistica, ma anche con
tanto cuore. Domina, senza fronzoli o condizioni aggiuntive retoriche, una
ideazione di parola, a tratti poetica, intesa come senso del creare. Non va
tralasciato il grande lavoro di ricerca, le numerosi fonti che rendono denso di
significato il senso del viaggio come struttura e viatico dell’essere e del
conoscere. Se ne ricava una pluralità di significati che assumono via via un
evidente raccordo nell’avventura dell’essere come sorgente viva di una
reinvenzione capace di tradursi in un’idea dal forte significato moderno. Un’equazione
radicata nella soluzione come sublimazione del sapere vera osmosi e mai
omologia. La vena scientifica, nell’esegesi delle fonti, nei tempi evocativi di
un tracciato travagliato, rendono la lettura di questo testo un transito dall’approdo
suggestivo nei giorni scanditi dalla lettura. “In un cammino ermeneutico che si
svolge all’interno di un orizzonte linguistico.” Orizzonte che non inventa, ma
compone senza cadute facili. La Bachis ci richiama alla serietà, al compito
della letteratura: la responsabilità ontologica di ogni autore verso la lingua.
“Il poeta che gode della bellezza delle immagini create, ha tuttavia il compito
etico di provare a non rimanere
irretito da questo sogno estetico […]
La lettura del testo di
Lisa Bachis ci rende nomadi. Attraverso il linguaggio, la traduzione, la
tradizione, l’autrice ci ricorda che “l’unico approdo è il fallimento
necessario, con il quale si conclude il viaggio alla ricerca della chiave”. […]
“Benjamin ha saputo descrivere nella sua estrema debolezza questo Angelus
Novus, incapace di ricomporre l’infranto, che smarrito osserva il cumulo di
macerie che davanti al suo sguardo si accumula.” Nell’ultima pagina, che chiudo
già con nostalgia, conservo un infinito desiderio di trovare nella scrittura
una vera reinvenzione di tradursi in poesia. Pur conoscendo la realtà di un
sentimento del fatto, non desisto a una vera ideazione di vita. Un livre de chevet da leggere e rileggere!
Rosalda Schillaci
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