Mariapia L. Crisafulli. Certi poeti… A cura di Rosalda Schillaci
Le
copertine originali, tutte realizzate dall’artista Nina De Simone, racchiudono
gli scritti della collana Le stelle di
Macabor. Tra i volumi della raccolta viene
presentata Mariapia L. Crisafulli con
La vita là fuori – appena edito
da
Edizioni Macabor -. Una
silloge, di poesie e metapoesie, pubblicata a maggio 2021, avvalendosi della
puntuale prefazione di Franca Alaimo.
Così l’enunciato: «All’interno della silloge, dove si muove una folla di persone anonime, di clochard e derelitti, sui cui volti l’autrice scorge “tutto l’umano che conosco”, cioè quell’integrità etica ed innocenza vitale, se non anche “storica”, che li distinguono dai potenti del mondo, fabbricanti impudichi di storie di guerre, di terrore e di morte, diffuse quotidianamente dai tg. […] Così empatico è nella scrittrice tale sentimento di compartecipazione – al contrario di quanti se ne stanno lontani dalla “finestra” e non vogliono guardare quanto accade “là fuori” nella realtà, persi nell’orizzonte asfittico di una cultura meramente libresca, come quel tizio che “rintrona” Catone [...]»
Scorrendo le pagine, la voce della Crisafulli si dispiega cristallina, nelle quattro sezioni: Reperti quotidiani – Le notti del Pellicano – Generazioni contrarie – La casa della nonna. E infine, Sull’invenzione Poetica.
L’io poetico si palesa, nei
versi arrivati da lei, già da precedenti raccolte di poesie: Un’altra notte di emozioni - Kimerik,
2012 e Come un’Odissea. Appunti di
viaggio - Macabor, 2019 -, giunge ancora una volta a noi.
L’individuo in sé […] Fosse per me scriverei /tutti i
giorni / E tutti i giorni leggerei i versi d’altri //Ma ogni sera esco/ e la mattina
dormo/ già da sveglia // Così se ne vanno / tutti i giorni: / giù per le scale
che non salgo/ Mentre la gente balla / s’accalca lungo i pianerottoli / mi
sorride dalla tromba// Quando nell’angolo siedo / – lì nel mezzo della festa –
/ come Gozzano io quasi / mi vergogno / d’essere un poeta.
Una linea guida diventa La misura delle cose che lei stessa
offre, nonostante la quasi ritrosia, con profondità di significati legati a
emozioni e sentimenti di livello. Un’innocenza edenica, archetipo cantato da
John Milton ne Il paradiso perduto. Quasi un prezzo da pagare per aver osato al
frutto della conoscenza. Il connotativo, primigenio e dimora ultima, nel
desiderio assunto a gioco linguistico mai fine a se stesso, continua in un
sottile gioco di specchi in cui illumina l’altro e vi si riflette.
Testimoni Questo male di vivere / lo conosci
anche tu: /gli dai un altro nome / ma è lo stesso del mio […]
Una eco che risuona nelle
fibre della nostra fragile umanità. Alimentata nel tono ravvisato da un angolo
del paradiso terrestre, da cui presto si verrà scacciati.
Vaticinio in febbraio […] Mentre qui ripasso i giorni/ che
non passano // un rosario /senza perle da scandire /solletica le dita
// e mi accorgo di tremare / come foglie/
che passiscono sui rami
Il linguaggio, elegante
ed incisivo, è caricato di senso nel più alto significato possibile. Sfida
aperta all’indicibile in finitezza di fogli. Venato da nostalgia atavica, dà
vita a immagini inattese e tese a prospettive nella visione della realtà.
Sequenza di suoni nell’anima si ripetono in successioni di cadenze musicali,
serbando una vivida intensità in chi legge. In chi, da subito supera
l’enunciato logico e crea un legame di rallentamento e accelerazione, privato
da virgole e punti, segnato da inarcature del fiato. Insegue ricordi
melanconici, spazi bianchi, nel tessuto fonico e visivo, inciso sulla pelle.
Da
manovale
Tu che alzi muri / Io che abbatto le pareti //E i canovacci adornano / la
stanza / mentre ci scambiamo / [continuamente] i ruoli //Il chiodo fisso / ce
lo attacchiamo / al cuore.
Diventa trama la vita,
intreccio di fremiti e ferite. Una sensazione, uno stato d’animo, un
avvenimento accosta suoni taciuti sulle labbra, passano dalla penna al foglio,
dagli occhi a tanto cuore. Si decifra così il senso, poiché il proprio vissuto
viene detto con le parole che non abbiamo trovato al momento. E leggerlo in
piena luce, suscita l’evocazione poetica declinata al sentimento.
Nella sintassi si mette
in risalto la maturità acquisita malgrado la giovane età. E come,
contravvenendo al divieto, con un frutto colto al momento giusto, il sapore sulle
labbra colpisce in una miriade di sensazioni.
I temi di tutto l’umano che conosco conducono
al lascito di volti rubati in stazione, al tema del silenzio, il tempo che
scorre impietoso, la morte incombente e vittoriosa.
Protocollo della
trascuratezza
Quando qualcuno muore/ lo avresti visto l’indomani // chiamato la mattina /
stretto la sera /tra le braccia //Oggi tratteggi [a memoria/ ogni ruga del suo
viso / che ieri confondevi / tra tutta l’altra gente // in morte di un poeta //-
Ci vediamo domani. // Ma domani è già ieri/ da parecchi giorni
L’attimo perduto diventa
ansante e in sussulto. Venato dal rimpianto difficilmente stemperato e dilatato
nelle parole chiave intuite, colte, sospese. In un trattenere di significati
come un caleidoscopio in cui ciascuno coglie in base alla propria cultura e
sensibilità, i richiami letterari, i valori condivisi, solidarietà, solitudine.
Affiora la tragicità di
focolai di guerre e il ricercare indomiti la speranza. Una meditazione ampia
sul destino partendo da un fatto minimo, - dal concetto astratto di gente agli
innumerevoli singolari in carne e ossa -. Si ascolta ogni flebile voce che
s’alza vitale libera per soffermarsi allo svanire di tutte le cose e della
morte. Un’ accettazione inquieta, impaurita dall’essere in un mondo dai tanti
limiti soverchianti.
Nella memoria della
messinese Crisafulli, sottratta alla nebbia del tempo e della dimenticanza, trasfigurazioni
care: la nonna, la zia. E sapori, e odori, che vengono trattenuti con gli occhi
chiusi accostando parole ed esperienze. Creando inattesi sensi dall’alta
intensità emotiva. Espressioni inedite ed espressive che procedendo attraverso
folgorazioni, illuminano e sostengono; affiorano dalla profondità
dell’inconscio avvalendosi di un linguaggio poetico moderno ma dalle radici
rinsaldate nello studio di poeti del passato. Gozzano, Ungaretti, Edgar Lee
Masters, Charles Baudelaire, Pier Paolo Pasolini, Jorge Luis Borges.
Richiama ai sensi il film, Il posto delle fragole di Ingmar
Bergman, metafora splendida, in cui i ricordi risultano addolciti dalla
nostalgia nei dolori sbiaditi dal tempo. Da dietro un albero del giardino si
snodano gli avvenimenti accaduti, tra i sorrisi e le lacrime, per ritrovarsi.
Ed ecco l’erompere elegiaco
della consapevolezza: la vita un’occasione da non sprecare, ma un lanciarsi non
lasciandosi frenare dalle tempeste.
L’individuo
per sé
Il cambiamento non sta / nel vento che arriva / ma nella vela che lo raccoglie/
che insegue la rotta// e senza temerlo/ leva la nave/ anche nella burrasca//
Nonostante la burrasca * Il mio porto sicuro/ è il mare aperto
Vele spiegate e sembra
vederla davanti al mare nella sua Santa Teresa di Riva. Sui treni che procedono
lungo rigidi binari, mentre si reca a studiare a Catania. I pensieri diventano
i sassi d’inciampo, su cui sedersi, per riempirsi gli occhi di versi e di
visioni. Raccoglie così il grano di impasti senza grumi. Con le stesse mani impregnate
di farina e inchiostro, scrive figure di colori:
Ceruleo Ho raccolto i colori del mondo/
perlustrando strade grigie/ e assenti/ scavalcando con lo sguardo i muri// Sarà
per questo che i miei occhi / anche da spenti/ sono l’immagine del cielo
E osa mentre il tempo
inafferrabile e beffardo scorre. Osa, dietro il vetro di un finestrino.
Sottolinea errori, alza lo sguardo sulle onde riempiendolo d’abisso, scoperto
non sotto l’abisso ma dentro di sé, catturato dal proprio sguardo.
Ciò
che non cambia alla fine ci ha cambiati.
I punti focali della
raccolta che veicola il significato profondo della vita, il significato
profondo della Poiesis diventa
l’occasione per cogliere la natura effimera della bellezza e renderla un
sentimento esaltante che tende al sublime. Passione incontenibile, svelamento
dell’anima non per mostrarsi, ma per prendere ancora una volta la distanza dalla
realtà quando costringe.
Mariapia Crisafulli ne La vita là fuori, chiude con L’ora
d’aria
Siamo
poeti il tempo di una sigaretta / Poesia è inalarne tutto il fumo / contaminare
l’aria circostante // Poi ognuno a casa propria.
Poesie e metapoesie. Questa
giovane poetessa, porge versi dall’anima, in cui ci accoglie con un profluvio d’incanto
e disincanto. Sì, esistono certi poeti senza maschere, non hanno vacuità né non-volti.
E a leggerli, nei manifesti umani e poetici, s’aprono mondi migliori e
finalmente liberi.
L’Aldiquà (un Manifesto)
Certi poeti si nutrono
in pace
degli avanzi del giorno
Libro
assolutamente consigliato.
Rosalda
Schillaci
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